A volte basta un titolo per inquadrare un’epoca. Se a febbraio 2010 Hacker Journal tuonava «NEXUS ONE ci libererà!», significa che eravamo davvero degli incoscienti. Il riferimento era ovviamente all’iPhone, che secondo l’articolo “aveva le ore contate”.

Facciamo un passo indietro. Prima di allora, il mercato degli smartphone era dominato da pochissimi sistemi operativi, nelle mani dei soliti noti: Microsoft, Apple, e via dicendo.

Google, invece, era vista in modo diverso. Più aperta all’open source, più vicina al mondo hacker, quasi una paladina dei diritti civili digitali. Così, quando annunciò il suo ingresso nel mercato della telefonia, la notizia fu accolta con entusiasmo — perfino dalla comunità hacker. A raccontarlo oggi, sembra quasi impossibile.

Il sogno del Nexus One

A posteriori, com’è andata a finire?
Il Nexus One non fu il successo sperato. Google non disponeva di una rete di vendita fisica e, all’epoca, le persone erano ancora piuttosto diffidenti nei confronti degli acquisti online.

Anche tecnicamente il dispositivo aveva i suoi limiti: il GPS, ad esempio, impiegava spesso diversi minuti per agganciare i satelliti.

Eppure, il Nexus One è stato l’inizio di una lunga storia: la prima di tante partnership tra Google e produttori come HTC, Samsung, LG, Huawei e Motorola. Una linea che ha dato vita a device come il Galaxy Nexus, i Nexus 4, 5, 6, fino ad arrivare ai moderni Google Pixel, progettati e distribuiti direttamente da Google.

Tra trackball e innocenza digitale

Ripensandoci oggi, fa quasi sorridere l’idea che il display mono-touch non fosse considerato un problema — tanto, secondo Google, ci sarebbe bastata la trackball (che però era fighissima, va detto, soprattutto perché si illuminava con colori diversi in base alle notifiche).

Ma la vera ingenuità era un’altra: non avevamo ancora capito quanto stavamo pagando in termini di dati personali. Li consegnavamo senza troppe domande, convinti che Google fosse “dalla parte giusta”.

Col senno di poi, è chiaro che anche Google sarebbe entrata nella lista dei “cattivi”. Ma nel 2010, ci sembrava di essere sull’orlo di una rivoluzione libera, aperta, giusta. E, per un attimo, lo è anche stata.

A proposito: quel numero di Hacker Journal era stampato su carta lucida. Anche questo, a pensarci oggi, sembra una follia. Quanto al Nexus, al momento della stampa dell’articolo era disponibile solo in USA per cui per acquistarlo bisognava passare per shipito.com e munirsi di un proxy americano per la connessione.

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Last Update: 18 Aprile 2025