Come ogni fine agosto, buona parte dell’Italia istituzionale si ritrova al Meeting di Rimini. Quest’anno la traccia è stata “la ricerca dell’essenziale”, che a prima vista poteva sembrare una questione molto metafisica, apparentemente distante da contenuti tecnici o scientifici.
Tuttavia, l’intervento del 22 agosto di Padre Paolo Benanti, consigliere di Papa Francesco sull’intelligenza artificiale e unico italiano membro del Comitato sull’IA presso l’Onu, ha offerto spunti decisamente pratici.
Il concetto di “essenziale” diventa concorrente alla IA: l’essenziale è lo specifico dell’essere umano, è quella cosa che l’IA non può sostituire. Ma da qui partono due sfide per l’umanità. La prima è convivere con un mondo in cui il software fa da padrone. Esempio emblematico le automobili, i cui accessori (un tipo di illuminazione piu sofisticata o un sistema di apertura) vengono delegati a servizi cloud con un canone di abbonamento. I paradigmi si ribaltano, l’automobile era oggetto primario e la benzina la sua commodity mentre ora l’automobile diventa lei stessa commodity del software.
La seconda sfida riguarda il fatto che IA aspira le nostre informazioni in maniera sempre più invasiva, tutti i pc che compreremo da settembre in poi saranno invasi di IA. Queste informazioni arrivano ad un cloud centralizzato dove si compiono i processi computazionali: chi detiene quei processi, quel potere, detiene il potere mondiale.
Tra i vari spunti offerti dal suo intervento, c’è stato un passaggio che mi ha colpito particolarmente, sia perché mi tocca personalmente, sia perché è un argomento raramente affrontato. Ad oggi, il 75% della popolazione mondiale utilizza uno smartphone, ma esistono meno di 28 milioni di programmatori in tutto il mondo. Questo significa che il 99,65% della popolazione è “analfabeta” rispetto a ciò che costituisce la base delle interazioni tra noi e il potere computazionale di cui parlava Benanti. Consegnando questo potere nelle mani dello 0,35% della popolazione, creiamo una disuguaglianza enorme tra i “nuovi sacerdoti” di questa capacità tecnologica e il resto dell’umanità. Secondo Benanti, questo rappresenta un’emergenza, e affrontarla con un impegno educativo è il primo passo verso una vera difesa cibernetica del nostro spazio.
Concetti che poi Benanti ha ripreso qualche settimana più tardi, su “Famiglia Cristiana”, dove non ha mancato di affiancare i timori alle speranze delle tante contraddizioni che AI porta nella società attuale. Realtà atroci come algoritmi che calcolano il numero di vittime di un bombardamento da una parte, calcoli di consensi che potrebbero supportare ed accellerare un processo di pace dall’altra. Fermo restando che la vera pace non parte dall’alto, dai bridging alghorithms imposti, ma dal basso, dalla mediazione. Come fu per la nostra Costituzione.